Nostra intervista a Patrizia Zangla

Breve profilo di Patrizia Zangla. Nata a San Candido (Bolzano), vive a Parma, ha vissuto molti anni a Barcellona Pozzo di Gotto (Messina), docente, storica-saggista, giornalista pubblicista. Specialista di Storia Contemporanea, attenta ai temi dei totalitarismi e della cultura di Genere. Molte le pubblicazioni accademiche. Responsabile dei Progetti Educativi del Centro Studi Chimici-Falcone, diretto da Saverio Di Bella (Università di Messina). Ha collaborato con La Gazzetta del Sud di Messina; ha realizzato mostre storiche internazionali. Con Leone (Milano) ha pubblicato: 1943-1945, l’Italia in camicia nera. Storia e costume dall’Italia fascista alla Resistenza (2014) acquisito dalla Biblioteca del Senato. A un figlio, amoroso  giglio,  (2015). I Neri e i Rossi, le trame segrete, 1964-1982, la strategia della tensione, le Brigate Rosse, il Caso Moro (2017) acquisito dall’Università di Toronto (Canada), il cui compendio è stato tradotto in lingua inglese Molti i riconoscimenti, si segnalano: Primo Premio Istituto di Cultura di Napoli, Primo Premio Franz Kafka (2016), Premio Firenze (2017), finalista al Premio Città di Como, Segnalazione al Premio Internazionale Mario Luzi 2019. “Silenzio di piombo” (2020) Primo Premio Mario Luzi (2020), Premio Nabokov (2020), Premio Firenze (2021).

I volumi storici di Patrizia Zangla sono stati acquisiti da molte Università internazionali degli Stati Uniti, del Canada e dell’Europa. Fra gli Atenei figurano: Biblioteca Universitaria di Genova, Università degli Studi Alma Mater Studiorum di Bologna, Università degli Studi Roma Tre, Università Polo Pisano, Università Terre di Liguria, Università degli Studi di Cagliari, LUMSA – Libera Università Maria SS. Assunta, Università degli Studi di Messina, Università della Calabria, Università degli Studi di Sassari, Università di Siena, Università degli Studi di Napoli Federico II. Molti anche gli Atenei internazionali, in questo elenco figurano: Universitätsbibliothek Vienna, Alma Mater RudolphinaVindoboneensis Vienna, Universiteit van Amsterdam (Olanda), Université de GrenobleBibliothèque Univ. Droit-Lettres (Francia), Stanford University, Harvard University, Columbia University, New York University, University of California – Berkeley, University of Minnesota Libraries, University of Notre Dame, Brigham Young University, Duke University, Middlebury College Library, Texas Christian University, University of North Carolina, University of Manitoba (Canada), University of Toronto,Library of Congress e New York Public Library.

 

Dunque, un profilo davvero interessante della Prof.ssa Zangla che incuriosisce e ci induce a conoscerla meglio anche sotto l’aspetto culturale e umano, attraverso questa lunga ed esaustiva intervista.

 

Prof.ssa Zangla, viste le sue innumerevoli attività svolte, possiamo definirla meglio come ricercatrice storica della verità?

 

“La verità è il fine che persegue lo storico, che sa bene quanto sia difficile da raggiungere, se non impossibile. Amo un’espressione di Hegel “Il vero è l’Intero”, l’articolazione dialettica delle parti, che chiarifica la difficoltà di questo percorso.

Ho scritto articoli specialistici e saggi storici, penso che un libro sia una sorta di parto, difficile e complesso. L’esito, nonostante ci sia un impegno rigoroso, è sempre incerto.

Mi sono riservata un mio spazio heideggeriano, uno spazio di ricerca e studio che ho praticato con acribia e con l’esercizio del dubbio, accortezza necessaria quando si indaga scientificamente e si ha a che fare con enorme materiale storico, archivistico e processuale, e questo si è rivelato vincente.

Spesso mi è capitato di ritornare sulle analisi già affrontate, perché non ero convinta. La difficoltà è contenutistica, perché mi occupo di eventi molto articolati e intersecati della Storia Contemporanea e al contempo metodologica, devo valutare ogni fonte sia documentaria e sia narrativa, quella che poi è nota come Memoria.

Spesso mi imbatto in nodi della storiografia che tento di sciogliere, in temi inquietanti a cui devo dare interpretazioni valide e pertinenti, superando l’impasse, e procedendo con una narrazione che storicizzi i fatti e li interpreti criticamente. Gli studi storici servono a questo: riprendere, chiarire, rivedere.

In “1943-1945 l’Italia in camicia nera. Storia e costume dall’Italia fascista alla Resistenza” mi  sono occupata del regime totalitario mussoliniano anche in parallelo a quello hitleriano- e di aspetti della Resistenza. Lo studio dei nodi irrisolti del fascismo mi ha portato alla strategia della tensione, ricerca confluita nel saggio “I Neri e i Rossi”. Da qui sono ripartita per ricostruire in “Silenzio di piombo” la storia del terrorismo rosso e le sue implicazioni. Lavoro che ha richiesto anni di studio. Come mi dicono, ho coperto un vuoto nel panorama editoriale.

Mi sono stati attribuiti Premi importanti, qualificati riconoscimenti anche internazionali, il primo Premio al Kafka a Padova, il primo Premio al Mario Luzi a Roma, il Premio Firenze -Europa solo per citarne alcuni, che non sono solo una gratificazione ma una conferma della validità delle mie ricerche storiche. Mi fa molto piacere quando mi viene riconosciuto che ho una scrittura adamantina, leggera come una farfalla che sa diventare incisiva come un bisturi quando deve sferzare i potenti”.

 

Scorrendo la letteratura, gli articoli specialistici e i saggi storici da lei scritti, c’è un testo a cui è particolarmente legata?

 

“Sono legata a tutti i miei testi, perché in tutti ci sono io, sembra assurdo perché sono dei saggi, ma io scelgo le tematiche, scelgo su quali tratti indugiare di più e su quali tratti di meno, la mia è una scrittura al femminile – come più volte mi hanno fatto notare-.

Tutti i saggi mi hanno dato soddisfazioni, perché sono stati nelle classifiche di settore fra i libri più venduti. Dovendo indicare un testo scelgo “A un figlio, amoroso giglio”, saggio storico-pedagogico dedicato ai miei figli, con sfondo autobiografico”.

 

Lei è nata a San Candido (Bolzano) e a partire dal 1990 si è trasferita a Barcellona Pozzo di Gotto in provincia di Messina, dove ha svolto per tanti anni la sua attività professionale di docente e formatrice di corsi di aggiornamento. Come si è trovata a vivere in due contesti sociali così diversi tra loro?

 

“Si, sono nata a San Candido Bolzano, dove sono cresciuta e dove ho iniziato anche a insegnare da giovanissima appena laureata, avevo solo 23 anni. Poi ho scelto di vivere in Sicilia, a Barcellona Pozzo di Gotto. Negherei se non indicassi le difficoltà, sono due realtà diverse, ho fatto molta fatica a comprendere la mentalità siciliana. In Sicilia – che ho amato e amo perché bellissima – ho tuttora affetti sinceri.  Devo anche riconoscere che se non avessi abitato così lungamente in Sicilia, oggi non mi potrei occupare di studi di mafia perché mi sfuggirebbero molti aspetti che sono intrinseci alla realtà e alla storia siciliana”.

 

Oggi vive a Parma, un luogo che lei ama particolarmente per la qualità di vita in un quotidiano fatto a dimensione d’uomo. E’ così?

 

“Parma è una realtà che mi si addice perché più vicina ad una parte di me, certo nessuno mi deve togliere il mare e la mia “Casa Azzurra” a Barcellona Pozzo di Gotto, dove trascorro le mie vacanze estive”.

 

Leggendo il suo interessante percorso professionale, ci si sofferma particolarmente sull’intervista da lei fatta a Nedo Fiano, il sopravvissuto al lager di Auschwitz – Birkenau. A questo proposito sappiamo che lei ha visitato personalmente molti lager nazisti per fare delle ricerche universitarie che dal punto di vista culturale e umano sono state molto formative. Ricordando quei giorni di particolare intensità emotiva, ci può rievocare ciò che ha provato?  

 

“Sì, mi sono molto occupata della relazione fra antisemitismo fascista e antisemitismo nazista.

Ho voluto vedere i Lager, un viaggio nell’orrore. Un viaggio nell’inferno.Come dicevo, bisogna conoscere l’oggetto della propria analisi, se riesci a esaminarlo da vicino è meglio.

Ho avuto il piacere e l’onore di intervistare Nedo Fiano, uno tra i più noti sopravvissuti di Auschwitz- Birkenau, intervista poi confluita in “ 1943-45 l’Italia in camicia nera”. Sono stata al campo di concentramento di Flossenbürg situato a metà strada fra Norimberga e Praga. A Mauthausen, primo campo al di fuori della Germania, il più grande in Austria, paradossalmente edificato vicino alla bellissima cittadina di Linz, un campo di concentramento costruito in pochi mesi dopo l’Anschluss, l’annessione dell’Austria al Reich tedesco nell’agosto del 1938, in realtà era già un campo di prigionia durante la prima guerra mondiale. Una scelta, come le altre, dettata da precise condizioni economiche, era vicina a una cava di granito. In Germania ho visitato Ravensbruck e Dachau, vicino Monaco in Baviera, il primo campo nazista, aperto nel 1933 che funge da modello per gli altri.

Sono stata alla risiera di San Sabba a Trieste, un campo di detenzione di polizia e di transito ma anche di uccisione di detenuti, ebrei e prigionieri politici. Identica caratteristica del campo di Bolzano, allestito in via Resia n.80, a pochi metri è stata edificata la Scuola Media che io ho frequentato da  ragazza. Talvolta le motivazioni che ci spingono a fare una ricerca piuttosto che un’altra sono misteriose, probabilmente il fatto di aver frequentato una scuola edificata a pochi metri dal Lager è una strana coincidenza che ha coinciso con la mia scelta di adulta di occuparmi di questi temi storici”.

 

In occasione del Giorno della Memoria, il sindaco di Firenze Nardella ha detto che per gli studenti delle classi superiori sarebbe opportuno visitare i campi di sterminio, proponendola come tappa obbligatoria nel programma delle scuole. Alla luce della sua esperienza fatta, è d’accordo con questa proposta? 

 

“Certamente proficua la visita ai Lager, previa adeguata preparazione e studio. Bisogna studiare e conoscere la Storia, anche per prevenire l’attuale tendenza negazionista, frutto di ignoranza e stupidità.

Bisognerebbe oltrepassare la conoscenza scolastica di molti argomenti e per farlo è indispensabile la lettura attenta e guidata di saggi e di altre opere che si occupano del fenomeno”.

 

Prof.ssa Zangla, sappiamo anche che lei nel 2015 ha partecipato ad un programma televisivo Mediaset sull’insediamento di Mattarella a Presidente della Repubblica Italiana. Cosa pensa oggi di questa lunga incertezza che c’è stata nel proclamare il nuovo Presidente, per poi ritornare al passato?

 

“Sì, sono stata ospite di Mediaset , è stato un onore poter commentare l’elezione del Presidente della Repubblica e anche in quel caso mi ero soffermata su un tratto del suo Discorso d’insediamento, il Presidente  ha fatto visita alle Fosse Ardeatine e ha parlato della Resistenza.

Mi sarebbe molto piaciuto avere una donna Presidente, una donna autorevole, di ampia preparazione e competenza politica. La confusa corsa al Quirinale ha rivelato una politica ibrida, priva di preciso carattere identitario. La sgrammaticatura politica ha anche portano a strane candidature come quella del Direttore dei Servizi segreti. Certo, la rielezione di Mattarella, pur denotando la debacle della politica, assume una connotazione positiva e rassicurante”.

 

Per finire Prof.ssa Zangla, ha in programma di scrivere un nuovo libro?

 

“Scrivere un libro di storia – come dicevo – è complicatissimo. Continuo a fare ricerca… si continua a fare ricerca, e non si sa mai dove porta”.

 

Salvino Cavallaro

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